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Dalle pagine de La Repubblica, il 18 novembre 1993, Vittorio Zucconi così ricordava Scardocchia:
“[…] Una personalità brusca e dolcissima, infastidita dalla stupidità del mondo eppure tollerante degli altri. L’uomo che si è accasciato ieri pomeriggio su un marciapiede di Manhattan, ucciso probabilmente da un infarto, era davvero il meglio di quello che la nostra professione di giornalisti italiani aveva saputo produrre. […] Non c’era nulla che questo molisano straordinario non sapesse fare benissimo. Non c’è nulla che non abbia fatto benissimo, e sempre con il patema d’animo di non riuscire ad essere all’altezza della misura che lui stesso si imponeva. In quest’epoca di giornalismo vanaglorioso e cialtrone, di schiaffi e di parolacce in televisione, Gaetano Scardocchia era l’eccezione. Era la testimonianza che si può essere grandi, importanti, rispettati anche senza distribuire spazzatura, anche senza avere amici politici, santi protettori, sponsor che tirano la volata. Per questo, ieri pomeriggio su un marciapiede di Manhattan non si è afflosciato soltanto un uomo, che già sarebbe una perdita terribile come per ogni uomo che muore, ma una persona onesta. Un giornalista onesto. Uno di quelli che ti rendono orgoglioso, per una volta, di essere insieme a un italiano e a un giornalista. E allora buonanotte, Gaetano, riposa tranquillo: il tuo ultimo fondo era bellissimo.”